Su Eluana Engalro vorrei accogliere l’invito del padre Beppino: lasciare che torni una questione privata. Ma non posso non ricordare che la domanda centrale sulle questioni di fine vita è: siamo disposti a riconoscere alle persone la possibilità e la libertà di decidere della propria esistenza?
La mia risposta è sì, non solo è giusto ma doveroso. Non possiamo avere la certezza assoluta e attuale perché Eluana non può esprimere il suo parere (ma tanto venivano scritte analoghe parole quando Piergiorgio Welby chiedeva di essere lasciato morire in pace), ma abbiamo ragione di credere che Eluana non avrebbe desiderato sopravvivere in questo modo. Il volere di una persona che non può più esprimerlo può essere ricostruito dalla sua vita e dalle testimonianze di chi le voleva bene.
Per concludere: farebbe sorridere, se non fosse drammatico, che chi condanna la decisione dei giudici di Milano invochi il rispetto della morte “naturale”. Negli ultimi 16 anni la vita di Eluana è stata artificiale; senza l’intervento dell’artificio sarebbe morta poco dopo l’incidente. L’umanità che invoca Roccella è il rispetto dei desideri altrui, anche se diversi dai nostri, e non l’imposizione di una Verità che maschera la prepotenza e la presunzione.
Chiara Lalli
Docente di Logica e Filosofia della Scienza Università «Sapienza», Roma
(La versione lunga era questa).